Sono trascorse due settimane esatte da
quando Antonio Aurnia ha drammaticamente deciso di porre fine alla sua vita lanciandosi
dal ponte Costanzo all’alba di un lunedi in pieno clima pre natalizio.
Sono
trascorsi quasi due mesi dall’omicidio di Peppe Lucifora, delitto efferato, misterioso ed assolutamente insolito
per una città come Modica.
Sono trascorsi mesi e addirittura forse anche oltre un anno,
da quando l’avvocato Poidomani, consigliere comunale di opposizione al
Consiglio Comunale di Modica, ha presentato alla Procura della Repubblica di Ragusa,
alcune denunce circostanziate sulla condotta amministrativa e gestionale del Sindaco
di Modica, Ignazio Abbate.
E’ trascorso già oltre un mese da quando sette parlamentari regionali hanno chiesto un
approfondimento alla Commissione antimafia sui presupposti della protezione a
Paolo Borrometi mettendo di fatto in dubbio la sua azione antimafia condotta in lungo e largo per l’Italia.
Settimane, mesi che sembrano adesso trascorrere senza che nessuno se ne renda conta o
abbia la consapevolezza di quanto importante sia per la collettività modicana che
su ognuno di questi eventi si faccia
piena luce.
La gente ha bisogno di sapere come stanno effettivamente le cose e
stoppare una volta per tutte il chiacchiriccio di paese che fa correre il serio
rischio di far diventare verità assoluta qualsiasi bugia che come si sa, dopo
esser stata ripetuta per sette volte, diventa appunto verità.
Si è detto
tanto e si continua a scrivere e dire
ancora tanto sulla morte di Antonio Aurnia, ma, sia chiaro, al fine di evitare pericolose e ipocrite “variazioni
sul tema”, Antonio ha deciso di farla finita perchè non è riuscito a sostenere il peso anche del tradimento da parte dei suoi amici, finti amici è il caso di
dire. Ne aveva tanti Antonio di finti amici, di persone che non hanno esitato a
pugnalarlo alle spalle e a vendere la sua pelle. Lo hanno fatto per tante ragioni.
Mossi dall’invidia per ciò che quest’uomo era riuscito a fare nella sua vita
lasciando un segno indelebile e indiscutibilmente positivo li dove si era
impegnato, dal commercio allo sport, mossi
dalla cupidigia, nella convinzione di poter recuperare e realizzare qualcosa
dal cumulo di macerie che ormai erano le sue imprese, mossi dalla bramosia di potere e successo, biasimevole
condizione umana comune agli uomini destinati, malgrado le loro ambizioni, a svolgere
eternamente un ruolo di comparsa
inessenziale. Ognuna di queste motivazioni, che hanno condotto ognuno di questi
finti amici a tradire Antonio, hanno un nome
e cognome specifico. Ed ognuno di loro oggi, ad indagini ancora in corso,
conoscono perfettamente le loro responsabilità e, la loro residua coscienza, ha
per fortuna la forza ancora di poterli logorare nell’intimo. Nonostante tutto e
nonostante si sforzino di deviare i sospetti
con belle parole e belle azioni. Aspettiamo che la magistratura sappia dipanare
questa matassa e fare giustizia.
Non si è certamente detto di meno
sulla morte di Peppe Lucifora ipotizzando le tesi più fantasiose e
scandalistiche ma, purtroppo ad oggi la verità è che gli inquirenti brancolano
nel buio, non hanno alcuna pista certa da seguire. In questo caso, spiace
ammetterlo, ma la Benemerita non è stata all’altezza del compito, forse perché i
suoi comandanti non sono del tutto preparati ad una eventualità del genere in
un territorio tranquillo e sonnecchioso
come Modica, o forse perché troppo cauti, fatto sta che un omicidio così
impetuoso chissà quante tracce del suo omicida avrà nel luogo dell’accadimento,
chissà quanti errori dettati dal panico e dalla probabile preterintenzionalità saranno stati commessi dall’omicida ed in tutto ciò i carabinieri non sono riusciti
ancora a cavare un ragno dal buco? Gravissimo.
Passando dai fatti di cronaca
alla politica, è inammissibile che dopo decine e decine di denunce da parte di
un autorevole avvocato ed altrettanto autorevole rappresentante dell’opposizione
a Modica come è l’avvocato Poidomani, non esista un solo magistrato che ad oggi abbia sentito il bisogno di avviare
delle indagini, di ascoltare il denunciante e capire quanto di fondato o di
fazioso possa esserci eventualmente nelle sue denunce. E’ un fatto inammissibile
in uno Stato di diritto che lede il
principio costituzionale della certezza del diritto stesso poiché il messaggio
che oggi passa in città soprattutto tra le nuove generazioni è che arroganza prepotenza e spregiudicatezza la spuntano sempre su chi si
attiene rigorosamente al rispetto della legge.
La magistratura iblea ha il dovere di intervenire e fugare il campo da ogni
dubbio.
Ed infine la vicenda Borrometi. L’approfondimento richiesto alla
Commissione Parlamentare antimafia, di per se non avrebbe nulla di allarmante
se non fosse che purtroppo da tempo si susseguono in città voci sulla
reale natura degli attentati che Borrometi ha subito. L’interessato replica sempre con l’aria serena e tranquilla
di chi ha la coscienza a posto etichettandole come “mascariamento” queste supposizioni.
Ma per quanto ne siamo certi, il dubbio nell’opinione pubblica è definitivamente
instillato. La sua attività antimafia è ormai vista come sospetta e sarebbe
auspicabile che lo stesso Borrometi sollecitasse negli inquirenti ogni azione
portata avanti dai suoi detrattori per fare chiarezza attorno alla sua figura
che non può permettersi nessuna ombra.
Chissà, trascorso invano il 2019, che il nuovo anno non ci regali tutte queste risposte, anzi che ce li regali la magistrtura. Ci
sentiremmo più leggeri ed allo stesso tempo anche migliori sapendo che la
verità, a lungo andare, ha, nonostante tutto e tutti, ancora sempre la meglio.
Auguri di buon anno.
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